venerdì 28 dicembre 2012

Agnolotti di Natale


Per chi come me "esistono solo i tortellini" sperimentare questo tipo di pasta che sta bene con il brodo è sempre una grande impresa. Ma essendo io assai curiosa ho voluto provare questa ricetta che se non avesse il brodo di cappone andrebbe bene anche per i vegetariani. Ma diciamo che i vegetariani potranno utilizzare un brodo di verdura molto intenso al posto del brodo di cappone. I capponi sono, come ben sapete, dei polli castrati che si trasformano in galli grassi e perfetti per il brodo di Natale. La mia esperienza con i capponi è stata tragica perché una sera mio padre ha voluto insegnarmi l'arte della castrazione e io anziché trasformare due piccoli polli in grassi capponi sono riuscita a fare fuori nel giro di pochi minuti i poveri polli. Da quel momento mio padre ha capito che era meglio che continuasse da solo questa antica arte.
Gli agnolotti rispetto ai tortellini non hanno carne nel loro ripieno ma solo parmigiano reggiano in due stagionature diverse quello di 24 mesi e quello di 36 mesi. Dovete scegliere il migliore e usare solo il fiore cioè quello lontano dalla crosta. Per la pasta e il brodo vi rimando a due ricette che trovate nel mio blog.

domenica 23 dicembre 2012

Tortellini o Cappelletti e tanti auguri di Buone Feste


Ecco che arriva il Natale e mentre si preparano i piatti tipici del nostro Natale i ricordi riaffiorano leggeri. Ogni volta che inizio a girare tra pollice e indice la pasta  ruvida dei cappelletti, immediatamente mi tornano le parole di mia nonna che ribadiva per l'ennesima volta che i cappelletti  dovevano essere piccolissimi, non più grandi della punta del mignolo. La sera che si preparavano i cappelletti, donne  e bambine sedevano insieme intorno al vecchio tavolo di marmo bianco che stava nella cucina salotto di mia nonna - al tempo i salotti erano le cucine e le cucine erano i salotti.  Io mi ricordo la prima volta che ho imparato a far girare bene la pasta intorno al dito ed è uscito dopo innumerevoli aborti (che mia nonna prontamente faceva sparire) il cappelletto perfetto, o quasi, che mia nonna ha graziato lasciandolo finalmente lì insieme agli altri. Ero troppo felice ma non potevo farlo vedere, non potevo saltare dalla sedia e fare alcune piroette di gioia, dovevo stare ferma e compita e con molta serietà prendere un nuovo pezzettino di pasta e pregare Dio che mi venisse di nuovo come quello che avevo appena fatto e che se ne stava lì bello raggiante in mezzo a tutti gli altri. Ma poi capisci, e questo non lo sai finché non lo vedi con i tuoi occhi, che fatto uno se ne fanno 100, 1000, 10000, le mani hanno una loro saggezza e  da sole sanno fare il gesto giusto, il gesto che hai appena imparato. Ogni volta che penso a quelle serate, in cui le donne giovani parlavano sottovoce di cose che né io né le anziane potevamo o dovevamo sentire, ricordo invece bene la voce delle più vecchie che ammonivano e raccontavano di donne perdute, sempre perdute per amore, di figli nati da padri sconosciuti, di gravidanze immaginate ma mai concepite, di riti antichi per segnare il malocchio o le storte. Poi ci ammonivano di stare lontane da chi conosceva l'arte del malocchio e dagli uomini anziani inaffidabili solo perché  erano anziani. Di una donna che zoppicava mi facevo raccontare ogni volta tutte le malefatte, era una donna sola, non si era mai sposata e viveva con la cognata, la moglie del fratello morto in guerra. Lei era capace di fare il malocchio e uno dei racconti più terrificanti era che lei era entrata in una stalla dove c'erano delle mucche bellissime che producevano tantissimo latte e lei con fare gentile, ma che nascondeva lo sguardo malefico, si era congratulata con il contadino delle sue belle mucche e del tanto latte che facevano, ma il giorno dopo quando il contadino era andato a mungere le mucche si era accorto che al posto del latte usciva sangue. Quando le anziane raccontavano questo ultimo passaggio abbassavano la voce, fermavano le mani dal piegare i cappelletti e ci guardavano fissi, fissi negli occhi. Noi eravamo terrorizzati, sangue al posto del latte era davvero terribile, molto più terribile di una qualsiasi fiaba di paura, perché questo era successo davvero e a pochi passi da noi e poteva sempre succedere di nuovo.
In quelle serate attorno al tavolo di mia nonna ho imparato non solo a fare i cappelletti ma anche che l'amore era pericoloso, che se si andava a ballare e ci si lasciava andare al proprio ballerino si poteva tornare a casa gravide di bambini che molto probabilmente non sarebbero mai nati, e che dovevi guardarti bene dagli sguardi della  signora che tutti i giorni entrava nel tuo negozio e con fare carino ti diceva che eri bella. Ma la cosa più importante allora per me bambina è che se correvo e mi facevo una delle mie tante storte potevo andare sempre da mia nonna che conosceva l'arte del segnare le storte e con una bella croce sulle  mie magre caviglie  avrei ripreso a correre come prima.



sabato 8 dicembre 2012

Parigi / Dictionnaire fou du corps


Come sempre a dicembre lo staff di Pampelmuse se ne va a Parigi, visto che c'è un Salone del libro per ragazzi molto interessante. E come sempre lo staff non se ne sta tutto il giorno a guardare libri e bambini che scorrazzano tra gli stand, ma va in giro per Parigi a rivedere vecchi posti e a scoprirne di nuovi. 

Prima tappa: il Marais, dove si trovano un'infinità di cibi e piatti kasher. In questo piccolo negozio di specialità yiddish abbiamo mangiato un fantastico bagel con carne salmistrata, cetriolini e una tapenade di melanzane.

Seconda tappa un mercato vivace e multietnico, dove vado ogni volta che vado a Parigi e di cui vi ho già parlato tempo fa in questo blog, il mercato di Aligre. Qui abbiamo visto verdure e pesci meravigliosi e mangiato nel vecchio bar Baron Rouge delle ostriche pescate nell'atlantico. 



Terza tappa finalmente siamo andate al  Salon de livre de la jeneusse di Monteruil dove abbiamo trovato molti libri interessanti, pochi imperdibili, e una mostra e un libro molto particolari. Il libro è un dizionario o immaginario sul corpo, di una grande illustratrice che si chiama  Katy Couprie. Il Dictionnaire fou du corps mescola scienza e fantastico, fotografia e illustrazione e il corpo viene vivisezionato sia con le parole che con le immagini in ogni sua parte, anche quelle più tabù. La mostra attraverso grandi pannelli di corpi ci fa entrare in un altrove visionario e scientifico che ci rimanda ai vecchi musei di anatomia. Peccato che sia durata solo il tempo del Salone.